Amor timido poesia di Pietro Metastasio
Che vuoi, mio cuor? Chi desta
in te questi fin ora
tumulti ignori? Or ti dilati, e angusto
il sen non basta a contenerti appieno;
or ti restringi, e non trovo in seno.
Or geli, or ardi, or provi
mirabilmente uniti
delle fiamme e del gel gli effetti estremi.
Ma che vuoi? Peni, o godi? Ardisci, o temi?
Ah lo so… Mi rammento
quel giorno, quel momento
ch’io vidi incauto in un leggiadro ciglio
scintillar quella face ond’or m’accendo.
Ah pur troppo lo so: cor mio, t’intendo
T’intendo sì, mio cuor;
con tanto palpitar
so che ti vuoi lagnar
che amante sei.
Ah, taci il tuo dolor;
soffri il tuo martir,
tacilo, e non tradir
gli affetti miei.
Ma che! Languir tacendo
sempre così dovrassi? Ah no, gli audaci
seconda Amor. Sappia il mio ben ch’io l’amo,
e lo sappia da me. Dirò che rei
son gli occhi suoi dell’ardir mio; che legge
è di natura il dimandar pietade.
Dirò… Ma se l’altera
con me si sdegna, o se mi scaccia? Oh dèi!
Vorrei dirle ch’io l’amo e non vorrei…
Placido zefiretto,
se trovi il caro oggetto,
dille che sei sospiro;
ma non gli dir di chi.
Limpido ruscelletto,
se mai t’incontri in lei,
dille che pianto sei;
ma non le dir qual ciglio
crescer ti fe’ così…
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